Ciò che mi ha colpito del gameplay di Mafia è l’incredibile cura per le auto d’epoca, sia per il livello di dettaglio che per l’incredibile motore fisico; e per l’occasione sono ste inserite anche le moto, anche se risulta un’aggiunta abbastanza marginale, per il loro stile di guida molto basico. L’esperienza di guida, da sempre fiore all’occhiello della serie, risulta estremamente realistica e godibile, soprattutto se si sceglie la modalità di difficoltà “Classica”, che insieme all’opzione del cambio manuale, rendono le strade di Lost Heaven una goduria per tutti gli amanti delle quattro ruote. La modalità Classica influisce, oltre che sulla fisica della guida, sui danni del veicolo; rende la benzina finita, quindi crea la necessità di rifornirsi presso le stazioni di servizio e rende la polizia più solerte ad intervenire e più difficile da seminare. Altri effetti di questa modalità, sono l’alzarsi della difficoltà, con il conseguente fatto che i nemici infliggeranno più danno; e se si decidesse di caricare con dei colpi ancora nel caricatore, questi verrebbero inevitabilmente persi.
Altro punto a favore del gameplay, ancora una volta merito in larga parte dall’opera originale, è l’incredibile varietà ed il ritmo delle missioni. In tutta la campagna di Mafia, è davvero difficile trovare un solo momento di noia o di calo di ritmo. Si passa con disinvoltura da inseguimenti a rapine, da una corsa in auto sportiva a missioni di scorta; da lunghe sparatorie a fasi stealth. Ce n’è per tutti i gusti. Anche qui Hangar 13 ci ha messo del proprio, ammodernando e ribilanciandone alcune che risultavano tediose. Un risultato estremamente soddisfacente, tenendo conto che la struttura e la progressione delle missioni sono quelle di un titolo datato 2002! Ma i capolavori si sa, sono tali anche perché resistono alla prova del tempo, ed al di là del lato tecnico, l’ottimo Mafia non fa eccezione e ha molto da dire anche oggi. Basti guardare quel peso massimo di Red Dead Redemption 2 o un qualsiasi open world/free roaming moderno. E se vi dicessi che la struttura e l’impostazione delle missioni non è quasi per nulla cambiata in questo ventennio!? Ebbene sì, è proprio così… ed è per questo che Mafia rappresenta un’istituzione, un precursore, ed è per questo che risulta un’esperienza fresca ed appagante ancora oggi.
Dopo aver elogiato i punti forti dell’opera, dobbiamo, per forza di cose, analizzare gli aspetti negativi del videogioco; quelli che lo affossano e che finiscono per far fallire in parte l’operazione di ammodernamento di un grande classico, che è proprio il fine ultimo del remake.
Partiamo col discutere le criticità del gameplay di base; il suo essere diventato un TPS con le coperture, (poiché prima era sì un TPS, ma all’epoca le coperture non esistevano ancora, quindi era più simile ad un FPS, ma in terza persona); le fasi shooting, quelle stealth ed i combattimenti corpo a corpo. Il tutto, purtroppo, è stato ereditato direttamente da Mafia 3, e quasi per nulla migliorato; quindi la maggior critica del terzo capitolo, per osmosi, diventa il tallone d’Achille anche di questo remake, e cioè il suo gameplay. Come abbiamo anticipato, il gioco ha avuto un’evoluzione naturale ed obbligata essendo di base un Third Person Shooter, ossia quella dell’implementazione delle coperture. Tutto giustissimo, per quanto ovvio… peccato che ogni movimento del protagonista sia di un legnoso incredibile. Il semplice camminare, voltarsi, o andare in copertura, può richiedere più di un tentativo per ricalibrare al meglio la direzione del personaggio, che ha movenze ed animazioni molto poco fluide, che spesso e volentieri finiscono involontariamente per farlo andare nella direzione sbagliata, o rischiano di farlo incastrare. Troppe volte mi è capitato di incorrere in dei game over per non essere riuscito a camminare dritto, verso una direzione precisa, per evitare il fuoco nemico. Purtroppo il sistema di movimento è veramente approssimativo e calibrato male, basti vedere anche la semplice e minima interazione ambientale, con un armadietto a muro del pronto soccorso, (le cosiddette “cure” per la salute del personaggio), prima che il gioco riesca a “percepire” l’input dell’interazione, si rischia di dover camminare nei pressi della cura più e più volte, aspettando che compaia l’icona del tasto da premere. Così come per il sistema di controllo/movimento, lo stesso destino è toccato al gunplay; quando si entra nel vivo dell’azione, lì dove il gioco dovrebbe dare il massimo, è lì che succede il peggio. La mira risulta lenta, imprecisa ed impacciata, a volte si ha la sensazione come se ci fosse dell’input lag… e nessuno venga a dirmi che è un qualcosa fatto di proposito, come mi è già capitato di leggere, per far pesare l’inesperienza di Thomas con l’uso delle armi; (questa cosa potrebbe aver un senso all’inizio del gioco, come in Days Gone, ma non anche alla fine, una volta che il protagonista è divenuto esperto). Contribuiscono al quadro di uno shooting già macchiato, una serie di problemi tecnici come i cali di frame rate e alcuni freeze di cui discuteremo dopo. Ma con questo potete capire che la situazione è abbastanza negativa. Ho potuto, fortunatamente , ovviare al problema, selezionando nelle opzioni della mira, da manuale a semi-automatica, fino a totalmente automatica, tanto era il livello di frustrazione e di fastidio. Un vero peccato, anche perché, quando si centra il bersaglio, il feedback delle armi è molto buono e soddisfacente. Le bocche di fuoco su cui il nostro “picciotto” può contare, sono molto classiche, ma sufficientemente varie. Si va dai revolver dell’epoca, al fucile bolt-action; dal fucile a pompa alla mitragliatrice Thompson e non mancano granate e molotov. Passiamo alle fasi stealth, in verità non molte, sono abbastanza scolastiche e fanno il loro dovere in termini di varietà, senza infamia e senza lode. Ci si limita, sempre e solo quando richiesto, (ricordiamo che il gioco è guidato e che non v’è libertà d’approccio nelle missioni), a nascondersi dietro pareti o cespugli, aspettando il momento giusto per sorprendere il nemico alle spalle, tramite il classico pulsante da premere al momento giusto per mettere il nemico KO. Chiudono il difficile cerchio, i combattimenti corpo a corpo… anche questi purtroppo, legnosi ed approssimativi, hanno delle pessime collisioni e soffrono di compenetrazioni poligonali, il tutto unito ad animazioni abbastanza slegate ed abbozzate, ad un feedback praticamente inesistente ed ad una responsività dei controlli e più in particolare della schivata, semplicemente mal calcolata. L’unico pregio è che sono poche le occasioni in cui ne faremo uso. Stendiamo un velo pietoso.
Strettamente legato al gameplay, è l’argomento dell’ IA. Anche qui la situazione non è delle più rosee. Durante le fasi d’azione si passa in un lampo da un’intelligenza artificiale sufficiente per gli standard odierni, ad un’ IA buggata. Possiamo infatti notare come i nemici, di solito, abbastanza reattivi e pronti ad appostarsi e a cambiare copertura, d’improvviso, s’imbambolino e smettano di sparare, diventando un bersaglio facile. In altre occasioni, quando il giocatore vi si avvicina troppo, è come se andassero in tilt e non sapessero che direzione prendere, se fuggire o ripararsi, finendo per incespicare nelle loro stesse animazioni o incastrandosi negli spazi ristretti. Probabilmente si è provato a sopperire alle carenza dell’IA rendendo il gioco leggermente più difficile della media degli altri titoli; infatti in Mafia, si muore molto facilmente già a difficoltà normale, dato che il danno dei nemici è molto elevato, e bastano circa tre colpi per rimanerci secchi. Per ovvie ragioni, si muore ancor più facilmente al livello di difficoltà Classico, ma a nulla servono questi stratagemmi per un videogiocatore attento e navigato: il trucco di alzare il livello medio di difficoltà, serve quasi sempre a mascherare un’intelligenza artificiale nemica scialba e stupida, specialmente se tutto ciò si limita unicamente nel potenziare il danno nemico inflitto; e purtroppo è proprio il caso del nostro remake. Tuttavia, quando il sistema non si impalla, l’IA risulta sufficiente allo scopo. Ma resta ancora una volta l’amaro in bocca…